Ero fermo ad un semaforo quando mi trovai ad osservare questo avvenimento.Lui uno dei tanti Lustrabotas (lustrascarpe) che si possono incontrare lungo i marciapiedi di La Paz, lei una piccola bambina desiderosa di far brillare le sue scarpette.

Solitamente i lustrascarpe sono uomini senza volto, indossano un passamontagna per nascondere un’identità che li renderebbe vulnerabili perché considerati gli ultimi nella società boliviana, perennemente sottomessi.

Lui invece vive la sua condizione a volto scoperto, mostrando i segni del tempo scolpiti sul viso. Le sue mani sono ruvide testimoni di freddi subiti da chissà quanti inverni, che a 4000 metri non risparmiano proprio nessuno.
Il suo lavoro è veloce e preciso, non importa se la piccola cliente non supera i 6 anni di età, lui è li chinato a fare del proprio meglio affinché quelle scarpette brillino.
A lavoro finito, si poggia sul muro e mostra un sorriso paterno, il più bel sorriso di sempre. Lui, il volto di un’umanità che non si arrende, che decide di lottare contro il pregiudizio di chi molto spesso è cliente abituale, decide di farlo senza indossare una maschera, perché forse è lui il primo che non deve ghettizzarsi e umiliarsi di fronte all’ignoranza.
Forse sarà una delle poche occasioni che avrà di guardare negli occhi la sua cliente, questa volta non si dovrà sforzare di osservarla dal basso verso l’alto. Questa volta uno sguardo tra pari.
Ed io mi sento quasi privilegiato nel vivere questo quadro in movimento.

Che tutti noi possiamo sempre avere il coraggio di porci alla stessa altezza del nostro interlocutore e la forza di inginocchiarci se lui non ci può guardare negli occhi.